Un’esperienza di scuola può diventare un’esperienza di vita? Non saprei. Però posso dire che il cammino delle scuole che fanno capo alla Diocesi di Cremona (come gestione e organizzazione) si sono allineate per vivere le prospettive della Chiesa italiana sui “cantieri” di Betania.
Il primo è il cantiere della strada e del villaggio. Bambini, ragazzi, adolescenti e adulti veniamo dalla strada e alla strada torniamo. La preoccupazione delle scuole paritarie è che non siano centri d’élite, divisi e separati dal mondo ma insieme, con le forze e le risorse a disposizione, proviamo ad affrontare le sfide educative di oggi, portando i pesi gli uni degli altri, facendoci carico, soprattutto nelle fatiche e nelle disabilità, di sofferenze e difficoltà non facilmente affrontabili.
Con uno stile – ed è il secondo cantiere – che abbiamo “sposato” da anni, quello dell’ospitalità e dell’accoglienza. La scuola può e vuole essere casa, dove piccoli, adolescenti e adulti vivono insieme. Si accolgono, si aiutano, si servono. E in questo servizio – quante fragilità, all’interno e quante risorse reciproche per aiutarci – si scopre il volto “incarnato” del Signore Gesù. Siamo continuamente stimolati per verificare la qualità delle relazioni, all’interno e all’esterno della scuola, nel villaggio globale che è il mondo intero. Camminiamo come “casa comune” perché abitiamo luoghi e abbiamo risorse che sono di tutti e da condividere.
Accanto a questo c’è il cantiere, difficile e fecondo, dell’ascolto, nell’attenzione alla vita interiore di ciascuno e al cammino di crescita, facendo germogliare le potenzialità, accompagnando le ferite. Si lavora, come adulti e come genitori, come educatori e come insegnanti, sulla qualità dell’ascolto. Senza gridare e in reciproco ascolto. Tutto questo “insieme”, sulla stessa strada, che è il Signore Gesù, con gli stessi linguaggi umani e della fede, con lo stesso amore.
Solamente se abiteremo questo mondo e, come ci ricorda il Papa, accoglieremo anche la realtà potremo amarla. La scuola ci prova. E lo fa insieme. Imparando la grave e stupenda responsabilità di farlo al più piccolo, al povero, all’ultimo. Perché fatto a Lui.
Don Marco D’Agostino